Turandot

Libro di sala inclusivo

Giacomo Puccini

Introduzione

Turandot
di Giacomo Puccini


Dramma lirico in tre atti e cinque quadri.

Libretto di
Giuseppe Adami e Renato Simoni

Questo è il libro di sala accessibile per Turandot di Giacomo Puccini.
È corredato di versione audio per i testi, audio descrizioni per le immagini, video in LIS, lingua dei segni italiana. I testi possono essere ingranditi a piacimento dall’utente e si può selezionare una visualizzazione con maggior contrasto.
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Introduzione

Trama

Primo atto


Un mandarino ripete al popolo di Pechino l’editto della principessa Turandot: qualunque principe la voglia sposare, dovrà risolvere tre enigmi, ma, se fallirà (come l’ultimo pretendente, giunto dalla Persia), verrà decapitato. Mentre la folla è in attesa della nuova esecuzione, Calaf (principe esule in incognito) ritrova il padre cieco Timur, accompagnato dalla fedele schiava Liù. Quando però scorge Turandot, se ne innamora a prima vista e decide di tentare la sorte a sua volta. I tre ministri imperiali (Ping, Pang e Pong) tentano di dissuaderlo e Liù (che lo ama da sempre) lo supplica di non rischiare la vita. Ma ogni preghiera è inutile: dopo aver chiesto a Liù di prendersi cura dell’anziano Timur, Calaf suona il gong per sottoporsi alla prova fatale.

Il palcoscenico è occupato da una struttura costituita da bastoni di legno, dominata da passerelle, pontili, scalette, come se sotto ci fosse acqua. Lungo la struttura, il popolo di Pechino, con la schiena e il capo ricurvi. Sono vestiti con abiti simili a stracci, sulle tonalità del grigio e del viola. Dietro alla struttura, sulla sinistra, si erge una torre in mattoni color oro sormontata da creste, che riproducono la Pagoda della Gru Gialla, un edificio che sorge nella Repubblica popolare cinese. A circa metà altezza della torre, una balaustra a cui si affaccia un messaggero, affiancato dalle guardie imperiali. Alla destra della torre, una sorta di paravento in mattoni, di colore grigio, che restringe lo spazio scenico e su cui sono dipinti dei draghi dai corpi contorti, sulle tonalità del blu brillante. Richiamano quelli del Muro dei Nove Draghi della Città Proibita. Sullo sfondo, le gradinate dell’arena.

Primo atto

Al centro, il principe Calaf circondato dai tre ministri imperiali Ping, Pong e Pang. Calaf indossa una camicia di camoscio, di colore verde scuro, con sopra una lunga casacca, sempre di camoscio, di colore marrone. I bordi della casacca sono decorati da una folta pelliccia di colore grigio. Indossa inoltre dei pantaloni di camoscio di colore marrone e degli stivali di pelle marrone e verde scuro. Ha i capelli castani, lunghi fino alle spalle, e la barba. Ping, Pong e Pang sono ciascuno caratterizzato da un colore dominante: in ordine giallo, rosso e verde. Indossano delle sgargianti tuniche lunghe fino alle caviglie, con le maniche che si allargano all’altezza dei polsi. Quella gialla è decorata con delle stoffe dorate, quella rossa con dei ricami dorati e quella verde con dei pennacchi rossi. Ai piedi indossano degli stivali di stoffa, ciascuno del proprio colore dominante. In testa, dei copricapi oscillanti: con dei quadrati quello giallo, con dei cerchi quello rosso e con delle mezzelune quello verde. In mano, dei ventagli, ciascuno del proprio colore dominante.

Immagine uno
Il principe Calaf e i tre funzionari imperiali Ping, Pong e Pang.

Secondo atto


Dopo una riflessione di Ping, Pang e Pong sulle condizioni della Cina, si svolge la prova, alla presenza dell’Imperatore, padre di Turandot. La principessa prima afferma di voler mandare a morte tutti i pretendenti per vendicare la fine violenta di un’antenata e poi formula i tre enigmi. Calaf li risolve, ma Turandot si oppone alle nozze. Allora il principe la sfida a sua volta: “Indovina il mio nome prima dell’alba e potrai farmi giustiziare. Altrimenti mi sposerai.”

Il palcoscenico è occupato dalla reggia dell’imperatore Altoum, scintillante di oro e argento con riflessi verde giada. Il corpo centrale è costituito dal baldacchino del trono: una struttura che richiama il Baldacchino di San Pietro di Bernini, sostenuta da quattro colonne tortili, intorno a cui sono attorcigliati in spire dei draghi. Seduto sul trono, l’imperatore Altoum. A destra e a sinistra del baldacchino, gli stendardi dell’imperatore, uno per lato, di colore oro e argento, su cui è rappresentato un drago di colore blu. Di fronte, delle scalinate su cui si trova la folla: ballerine in rosa con ombrellini, comparse in bianco con pennacchi, dignitari in beige con ventagli, concubine dalle stoffe luccicanti. Questa scena crea un efficace contrasto tra lo spazio imperiale e quello popolare, che appare ancora più povero e spento.

Secondo atto

Al centro, in ginocchio, la principessa Turandot. Alla sua sinistra, Calaf, vestito come nell’immagine precedente. Turandot indossa una tunica celeste, glaciale, lunga fino ai piedi, con le maniche che si allargano all’altezza dei polsi e decorate con dei ricami ondulati di colore celeste, brillanti. Le spalline sono rinforzate, simili ad una corazza. La parte anteriore della tunica è decorata con delle fasce, anch’esse brillanti, sempre di colore celeste. Ai piedi, si intravedono solo le punte delle scarpe dello stesso colore della tunica. In testa, un copricapo a forma di raggiera, di colore argento. Le punte della raggera sono di colore blu.

Immagine due
La principessa Turandot.

Terzo atto


Mentre Pechino veglia per ordine di Turandot, Calaf aspetta l’alba, sicuro della propria vittoria. Ma i ministri catturano Timur e Liù, la quale si uccide pur di non tradire il segreto dell’uomo che ama. Il suicidio della giovane schiava sconvolge tutti e Calaf affronta Turandot, riuscendo a baciarla e a sciogliere il suo cuore di gelo. La principessa gli confessa di averlo amato sin dall’inizio e Calaf le rivela il proprio nome, lasciando che sia lei a decidere la sua sorte. Convocati il popolo e la corte, Turandot afferma che lo straniero si chiama Amore. Sorge il sole e tutti festeggiano la nuova coppia regale.

Il palcoscenico è occupato dalla struttura in legno, su cui si trova il popolo di Pechino: alcuni seduti, altri accovacciati, altri ancora prostrati. Sulla passerella centrale, i tre ministri imperiali Ping, Pong e Pang, vestiti di giallo, rosso e verde, un colore dominante per ciascuno, e la principessa Turandot, in un abito argenteo simile ad una corazza. Dietro, il lungo paravento con i draghi, da cui si intravedono pagode e strutture torreggianti coi tetti sovrapposti: una città proibita nascosta alla vista. Sullo sfondo, le gradinate dell’arena.

Terzo atto

Trama

Personaggi

La Principessa Turandot [soprano]
L’Imperatore Altoum [tenore]
Timur, Re tartaro spodestato [basso]
Il Principe Ignoto (Calaf), suo figlio [tenore]
Liù, giovine schiava [soprano]
Ping, gran cancelliere [baritono]
Pang, gran provveditore [tenore]
Pong, gran cuciniere [tenore]
Un Mandarino [baritono]
Il Principino di Persia [tenore]
Il Carnefice (Il boia)

Le guardie imperiali, i servi del boia, i ragazzi, i sacerdoti, i mandarini, i dignitari, gli otto sapienti, le ancelle di Turandot, i soldati, i portabandiera, i musici, le ombre dei morti, la folla.

Personaggi

Note di regia

Forse per la sua natura corale, esotica e spettacolare, Turandot, l’ultima opera incompiuta e postuma di Puccini, fu anche la prima fra le sue ad essere rappresentata in Arena (1928). La “Cina al tempo delle favole”, come vuole il libretto dei veronesi Adami e Simoni ispirato dalla fiaba teatrale di Carlo Gozzi, rappresentata da Franco Zeffirelli è una Cina lontana dal tempo e in uno spazio geografico collocabile del "favoloso" (inteso come meraviglioso) Oriente. L’allestimento si impone infatti nell'immaginario collettivo come le ricche illustrazioni di vecchi libri di fiabe per bambini. Ancora oggi, dopo il debutto in Arena nel 2010, l’edizione firmata per regia e scene da Zeffirelli offre un sontuoso colpo d’occhio, come al cambio scena che anticipa l'entrata dell'Imperatore Altoum: dal buio, tetro e inquietante racchiuso da un paravento in cui si muove il popolo anonimo e vestito di stracci, si spalanca la luce di un palazzo interamente d'oro, ricco di dettagli e reso ancor più magico dai costumi brillanti in cui dominano l'oro e l'argento. Oltre alla magnificenza delle scene, si ammira la regia per l’abilità nel rendere vivo il personaggio più pervasivo dell’opera, e forse più difficile: il “popolo di Pekino”, quella folla irrazionale che dall’inizio alla fine partecipa alle sorti, o addirittura le decreta, dei personaggi principali.

Note di regia

Credits

I testi e le immagini contenuti in questo libro di sala accessibile sono stati forniti da Fondazione Arena di Verona

Ideazione, progettazione, rielaborazione testuale e descrizioni
Elena Di Giovanni, Francesca Raffi (Università degli Studi di Macerata)

Coordinamento tecnico
ALI – Accessibilità Lingue Inclusione

Progettazione tecnica, studio e sviluppo digitale
Tadao Agency

Voci
Alberto Onofrietti (testi)
Sonia Barbadoro (descrizioni)

Video LIS
Sara Brunellini

Disclaimer

Questo documento e tutti i materiali in esso contenuti sono di proprietà esclusiva e riservata della Fondazione Arena di Verona e/o dei suoi aventi causa e/o di terzi soggetti ove indicati, e sono protetti dalle vigenti norme nazionali ed internazionali in materia di tutela dei diritti di Proprietà Intellettuale e/o Industriale.

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